Siamo in un tempo in cui anche la scuola è immersa nella tecnologia che predomina fin dalla più tenera età. Infatti si ve dono sempre più bimbi che giocano con tablet e smartphone. Ma è proprio necessario e utile iniziare a 4/5 anni con questi strumenti? Usare le mani solo per schiacciare tasti o far scorrere lo schermo?
E’ proprio vero che così facendo “creiamo” delle generazioni più intelligenti, pronte e produttive? Alcuni studi dimostrano che non utilizzando le mani con tutte le loro potenzialità, un’area del cervello si sta lentamente atrofizzando. E’ bene, è male?
Il nostro convincimento è che per la tecnologia c’è tempo, mentre i nostri sensi vanno sviluppati ed affinati sin dalla nascita. I bambini sono esploratori, esplorare è affascinante e misterioso e permette l’accesso a scoperte celate agli occhi comuni.
La curiosità è la leva principale per la conoscenza ma dev’essere coltivata; i bambini sono biologicamente attivi ed imparano facendo esperienza, giocando, immaginando. Nel nostro giardino, ampio, alberato ed abitato da magici folletti, le attività a misura di bambino sono inesauribili.
C’è un grande pollaio dove la chioccia a primavera cova le uova da cui nascono dei veri pulcini. In questo modo i bambini sperimentano dal vivo uno dei modi di nascere, si prendono cura concretamente dei piccoli accudendoli e coccolandoli. Sempre in primavera arrivano i neonati bachi da seta che, alimentati più volte al giorno con le foglie di gelso portate dai bimbi da casa, crescono fino a chiudersi nel bozzolo per poi uscirne farfalle, depositare le uova e ricominciare col ciclo di nuovo. Tutto vissuto giorno per giorno, compresa la morte delle farfalle che, una volta depositati gli ovetti, hanno concluso il loro ciclo vitale.
C’è l’orto sinergico, per approcciarsi in un modo diverso con la terra, basato sul rispetto, sulla pazienza, sulla gratitudine e sulla sostanza. Si vivono anche la fatica e l’impegno costante perché l’orto, come gli animali, va curato costantemente. Ed i prodotti raccolti (insalata, cetrioli, zucchine, piselli, pomodori, bieta, patate, zucche) vengono cucinati dalla cuoca e poi mangiati. In un angolo, la compostiera in cui i grandi di 5 anni portano gli scarti di frutta e verdura che diverranno concime buono per l’orto. Questo al fine di ridurre i rifiuti da smaltire e di non usare concimi chimici.
E del clapâr che dire? E’ un giocattolo che profuma di tempo antico, di quando il “píndul” (lippa) la faceva da padrone, che diventa strumento giocoso per ammucchiare, classificare, suddividere, togliere, aggiungere, inventare forme e…Questo non sa forse di matematica? E senza tablet. Non vogliamo demonizzare la tecnologia ma semplicemente dare il tempo al tempo e donare ai bimbi esperienze con il sole negli occhi, l’aria nei capelli, la terra tra le mani e la sabbia negli stivali. E per chi vuole, foglie, rametti e sassi dentro le tasche, tesori preziosi da conservare e portare a mamma e papà. Giocare per giocare, senza bisogno di giocattoli precostruiti ma utilizzando ciò che in natura si trova, è piacere allo stato puro, è il dono che possiamo fare all’infanzia con la consapevolezza di rendere questi anni indimenticabili, è “passare” il testimone della gratitudine per questo mondo che ci ospita. E’ allenare all’ascolto ed al rispetto per la vita, è rispettare ciò che è invisibile agli occhi ormai adulti. Questo spiega il cartello che ci chiede di far attenzione al passaggio dei folletti che abitano il nostro Albero magico parlante, il bagolaro centenario del nostro giardino, che come tutte le piante e la natura in genere ha qualcosa da insegnare a chi sa ascoltare. Ecco l’eredità per i nostri bimbi, per i bimbi del mondo, donne e uomini di domani.
Le maestre del giardino della scuola dell’infanzia di Teor