Sono le 10 del mattina, il momento in cui la sveglia ha suonato sembra già lontanissimo, sei al lavoro, concentrata sui tuoi impegni.

Fin qui tante mamme possono ritrovare il copione delle proprie classiche mattine, ma ecco che arriva una chiamata inattesa dalla scuola di tua figlia o figlio. Vuole tornare a casa.

Questo evento mette in moto ogni mamma in maniera diversa, in base al modo di concepire il proprio ruolo e può offrire un’opportunità interessante di riflessione.

Cosa ha portato il bambino a chiedere di chiamare mamma? Soffermarsi su questo è importante per riuscire a prendere con maggiore consapevolezza la scelta su come intervenire. Sta male fisicamente? È una richiesta di attenzioni? Sta esprimendo una frustrazione legata a qualche ostacolo che non riesce ad affrontare e cerca rifugio nel nido familiare?

Per tutti, anche da adulti, e ancor più da bambini il fisico è spesso canale di espressione di vissuti emotivi profondi che non emergono in maniera diretta ma si “nascondono” dietro dei sintomi: forse con il mal di pancia nostro figlio sta cercando di dirci che non riesce a digerire una tensione avvertita ieri sera a casa, oppure sente la mancanza di papà che da qualche giorno è fuori per lavoro, o vorrebbe che mamma passasse più tempo a giocare con lui invece di tornare la sera dal lavoro…

Tutto questo a meno che ieri sera non ha fatto scorpacciata di dolci e patatine fritte! Indigestione o influenza intestinale apparte, da genitori spesso capita di farsi prendere dalle preoccupazioni sullo stato di salute dei nostri bambini o dal fastidio perché i suoi malesseri richiedono un’organizzazione familiare più complicata. Così per mettere a bada l’agitazione si inizia la ricerca del parere autorevole del pediatra, affidandosi ai farmaci che “curano” permettendo di riprendere i ritmi abituali.

Poi, la sera, alla fine della giornata, ogni mamma mentre finalmente si strucca, o lava i piatti o carica la lavatrice si ritrova sola con se stessa. E pensa. Sono momenti in cui si cerca di fare un bilancio, in cui la domanda può pressante è sempre la stessa: “Sono una brava madre?

Viviamo in una società in cui lo spirito della performance è dominante, in cui è considerato prioritario fissare obiettivi, scopi da raggiungere e risultati ottimali da accumulare, per se stessi e per i propri figli. Buoni voti a scuola, lo sport più sano, o quello in cui eccellere, o quello che va più di moda e poi la musica, l’inglese… Tenere sempre il passo, apparire sempre al massimo di se stessi, non barcollare mai.

Ecco che la chiamata da scuola ci viene in aiuto. Perché mi ha fatto chiamare per tornare a casa? Lasciamo andare i sensi di colpa o le ansie generalizzate… Cosa è successo? Forse è stato un incidente mentre giocava con altri bambini in classe, in palestra o in giardino. Forse ieri abbiamo esagerato con la pizza, adesso è ben evidente! O forse… mi sta dicendo qualcosa?

Proviamo a parlare onestamente con noi stesse, a chiederci come stiamo… Io vorrei poter telefonare a casa per farmi venire a prendere e fermare per un giorno questo mio ritmo?

A volte basta ammettere con se stesse che siamo le prime ad essere stanche o amareggiate, scontente o insoddisfatte per qualcosa. Focalizzare l’attenzione su questo è il primo passo per sciogliere nodi che a prima vista sembrano troppo stretti.

  • mamma tigre rischierebbe di mettere troppa foga per cercare di trovarne i bandoli, ottenendo solo di stringerlo ancora di più
  • mamma chioccia invece potrebbe correre il rischio di affezionarsi a quei nodi tanto da non volerli più sciogliere
  • mamma coniglio potrebbe farsi prendere dal panico e generare ulteriori giri che aggrovigliano sempre più la matassa

Piccoli gesti: osservare il nodo da ogni prospettiva, per vederlo davvero nel suo essere. Accettare lo stato delle cose, così come è. Porsi la domanda “mi piace?” e rispondersi onestamente. Cercare un’estremità della cima e con lentezza e rispetto di sé iniziare a percorrere in una nuova direzione il suo percorso. Dico con rispetto perché anche qui il rischio di cadere vittime della logica della performance è dietro l’angolo: se vuoi cambiare devi farlo! Se hai deciso non puoi avere ripensamenti o titubanze…

Non è vero. Trasformare interiormente il proprio approccio alla vita è un processo delicato e meritevole estrema gentilezza. In esso avviene un passaggio di gran coraggio, si lasciano andare meccanismi di difesa e resistenze che magari per anni ci hanno protetto e difeso da quanto accadeva fuori di noi. In questo processo l’atteggiamento interiore da adottare è quello della gratitudine.

Grazie, ad ogni nodo che si scioglie, perché finora è stato nostro alleato e sostegno. E nel ringraziarlo, lasciarlo andare… è una separazione da qualcosa di familiare per lasciare spazio a qualcosa di nuovo, che non si conosce e che può spaventare.

Si mettono a nudo parti di sé che probabilmente sono rimaste riposte per tanto tempo, ritratte al mondo e timorose di essere ferite. Spesso ci si sente goffe e impacciate, quando prima sapevamo essere brillanti e sicure di sé.

Abbracciamo queste nuove emozioni e accogliamole con tenerezza e determinazione, diamo a quella parte di noi stesse la sicurezza di essere pronte ad emergere e condurci nella vita. È una rivoluzione interiore, radicale. Porta con sé emozioni di armonia e presenza, senza aspettative o pretese che disorientano. Dov’è il traguardo che devo raggiungere? Dov’è l’indicatore da soddisfare in maniera ottimale? Non c’è… o forse sì, ma è totalmente nuovo.

Incamminarsi su questa strada regala panorami inattesi e la sera davanti a quello specchio o a quel lavandino succederà qualcosa di diverso.

E chissà, forse da scuola chiameranno più raramente.

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