Dr. Jesaiah Ben-Aharon, nel 1993 e 1995 lei ha pubblicato due saggi unici nel loro genere, riguardanti la ricerca sovrasensibile. Come fondatore nel 1980 della Harduf Antroposophical Community in Israele, lei è molto impegnato a livello sociale; cosa la spinge e la stimola in tutto questo suo lavoro?
Nell’estate del 2000 ho fatto ritorno in Israele dopo due anni sabbatici trascorsi negli USA, e da allora ho continuato a darmi da fare nelle attività che mi hanno visto maggiormente impegnato da trent’anni a questa parte. Da un lato lavoro su una costante trasformazione ed aggiornamento del lavoro antroposofico, mentre dall’altro cerco senza sosta di approfondire ed espandere il mio impegno e la mia battaglia in Israele e nella realtà sociale globale facendo continuamente la spola tra l’una e l’altra cosa.
Il mio lavoro antroposofico è modellato in modo tale da permettermi di praticare e sperimentare in maniera vivente ciò che viene pensato, detto e fatto. Non voglio tanto ingrossare le già robuste fila del tradizionalismo e dell’intellettualismo, quanto piuttosto incoraggiare me stesso e gli altri a trovare e realizzare la nostra indipendenza e libertà umana e spirituale. Questo significa che nell’incontro con l’altro si produce uno sforzo comune volto ad assumersi la responsabilità di dare all’associarsi una forma pienamente umana sia nello studio che nella pratica spirituale, nelle arti, nel lavoro esoterico piuttosto che nei vari contesti sociali.
Prendo molto seriamente il fatto che l’Antroposofia abbia ormai 100 anni e stia rapidamente invecchiando, ed il problema di come restituirle giovinezza senza comprometterne profondità e serietà rappresenta per me una sfida avvincente. Le persone che hanno contribuito al nostro lavoro attraverso gli anni sono dei pionieri in cerca di fresche vie di rinnovamento, resurrezione e trasformazione del vecchio in nuovo senza tralasciare la realizzazione di impulsi completamente nuovi. Questo processo di diventare nuovamente giovani si basa sullo sviluppare esperienza, conoscenza e attività pratiche che supportino lo sviluppo degli individui e delle istituzioni.
Questo significa capire e mettere in pratica i risultati dell’Iniziazione nella vita quotidiana culturale, sociale e storica del tempo presente.
Il nostro compito oggi consiste nell’approfondire, allargare e trasformare l’Antroposofia attraverso questo umano divenire dell’Iniziazione; un’Iniziazione completamente inserita nei movimenti della vita quotidiana dell’essere umano. Gli eventi ed i processi della vita quotidiana costituiscono già di per sé stessi una forma di iniziazione non cosciente, e l’Antroposofia può diventare una parte significativa di questo fluire in costante divenire
Va da sé che la propria esperienza vivente di questa Iniziazione la possa offrire solo chi abbia il coraggio di portarne in maniera cosciente i processi e gli effetti nella vita di tutti i giorni.
E’ con vero entusiasmo che faccio in modo di dar forma ad ogni incontro affinché possa essere occasione di pratica ed esperienza che renda possibile entrare pienamente in ciò che io chiamo “l’Evento”.
Ogni situazione cristallizata e morta può venire così in qualche modo aperta e diventare luogo ed occasione di resurrezione e trasformazione dell’individuo piuttosto che del gruppo o dell’istituzione.
Nell’incontro con l’altra persona io voglio fare esperienza del vero “Altro” – il veramente sconosciuto – e voglio assaporare e beneficiare di ciò che di fresco e non immediatamente riconoscibile vi è in lei; incontrarmi con il mondo reale, i suoi esseri e i suoi eventi al di la dei vari tradizionalismi ed intellettualismi.
Come vive lei la situazione attuale di Israele?
La situazione che stiamo vivendo qui è in generale la stessa di tutto il resto dell’umanità, solo che qui è più visibile che non in Europa. Mentre l’Europa centrale sta lentamente iniziando a svegliarsi dal coma post-traumatico del secondo dopoguerra qui tutto è molto sveglio e vivo.
Anche qui se vogliamo vivere una vita genuinamente umana, sociale e spirituale dobbiamo esercitare in maniera cosciente la risvegliante esperienza di incontrare l’Altro in noi stessi e di scoprire noi stessi nell’Altro.
Il confronto con l’Altro porta ad una profonda e più veritiera autoconoscenza di noi stessi facendo così salire in superficie le nostre vette ed i nostri abissi. Questo può dar vita a miracoli. Il continuo e ripetitivo identificarsi col riflesso di sé stessi ed il reiterato attaccamento alle conoscenze già acquisite non solo rappresentano le attività più ripetitive e meno creative del mondo, ma impediscono anche di sperimentare appieno e come Evento l’essenza vivente del presente, di riconoscerne le potenzialità future per poi piantarne i semi nel qui ed ora. Il futuro fluisce da un mondo che ci è ancora sconosciuto. E’ solo nel “compiutamente Altro” che continuamente nasce, cresce, si sviluppa e si trasforma dentro me stesso che Io posso rinnovarmi, venire resuscitato e redento dal mio stato di sonno, oblio e – socialmente parlando – irresponsabilità.
Ciò che ancora non conosco – in primis l’Amore – costituisce la mia unica salvezza! Anche qui è necessario, per lo meno ad un livello iniziale, immergersi completamente nella vita reale. Fino a quando gli israeliani non si sforzeranno di incontrare i palestinesi come il loro vero Altro; fino a quando vorranno continuare il tragico ed altamente antisociale gioco del moderno “Western” non faranno altro che distruggere Israele e la Palestina, adesso ed in futuro. Così non otterranno altro che incontrare ognuno il proprio doppio in un conflitto senza fine, poiché questo è ciò che succede se eviti di incontrare il tuo vero Io attraverso il vero Io dell’altro: vedi solo il tuo doppio e lotti contro di lui, convinto di star lottando contro “il nemico”. In realtà stai lottando solo contro la parte più infera e nascosta di te stesso. Questo si chiama suicidio, ed è ciò che l’Europa ha commesso nel ventesimo secolo. Può Israele evitare questo destino? Possono evitarlo i palestinesi? Quel che è certo è che nessuno dei due lo eviterà se continueranno ad incontrarsi, come hanno fatto fino ad ora, a colpi di mutua distruzione e sofferenza. Alla fine, dopo tutto il sangue che è stato versato, l’Altro sarà comunque sempre li in attesa di accettazione, integrazione e riconoscimento.
PER GENTILE CONCESSIONE DEGLI UTENTI DEL FORUM http://ecoantroposophia.forumfree.iT
Leave a Reply