Negli ultimi mesi, a seguito di lunghe riflessioni sul ruolo del maschile in educazione, mi sono imbattuto in molte letture sul tema. Ritengo opportuno scrivere alcune considerazioni poiché appare evidente la crisi del maschile in questo tempo.

Come riprendere le redini di un ruolo maschile, del quale spesso vengono messe in luce solamente le ombre?

Avvalersi delle immagini del mito, delle fiabe e delle leggende, può essere un grande aiuto per comprendere ciò che si annida nelle profondità dell’animo umano e per condurre sul sentiero della conoscenza di sé. C’è una fiaba dei fratelli Grimm, a mio avviso tra le più significative,che andrebbe letta con dovuta attenzione: Il Rugginoso, conosciuta anche come L’uomo di ferro, Giovanni di ferro o Hans di ferro.

Cosa racconta questa fiaba?

Un cacciatore, con a seguito il suo cane, entra in un bosco considerato maledetto, poiché chi vi accedeva non faceva mai ritorno. Impantanatosi in uno stagno, il cacciatore vede una mano uscire dallo specchio d’acqua, afferrare il suo cane e portarlo giù. Egli fugge, ritorna con tre forti uomini armati di secchi, svuotano lo stagno e trovano sul fondale un uomo rannicchiato con la pelle color ruggine e i capelli lunghi a coprirgli il viso. Lo legano con delle corde e lo portano alla corte del Re, il quale lo rinchiude in una gabbia.

Quest’uomo selvatico, reso prigioniero, viene liberato dal figlio del Re, che trova le chiavi sotto il cuscino della Regina. Temendo di essere punito per aver liberato quell’essere, lo segue nel profondo del bosco. L’uomo selvatico lo accoglie, promettendogli protezione e grandi ricchezze. Inoltre gli affida un compito: vegliare su una sorgente sacra, dall’acqua cristallina, nella quale nulla deve cadere.

Il bambino non riesce ad adempiere al suo compito e per ben tre volte tocca la sorgente. Prima con il dito, poi gli cade un capello ed infine, mentre osserva la sua immagine riflessa nello specchio d’acqua, vi immerge i suoi lunghi capelli. Dito e capelli diventano d’oro, la sorgente è profanata e l’uomo selvatico è costretto ad allontanare il bambino per non aver rispettato la legge del bosco. Riconoscendo il buon cuore del giovane, gli offre comunque il suo aiuto e ogni volta che sarà in difficoltà, se vorrà, potrà recarsi nel bosco e chiamarlo.

Il giovane principe ramingo, con il capo coperto per non far vedere i suoi capelli dorati, giunge in una nuova città. Qui non riesce a trovare un’occupazione essendo incapace di svolgere alcun lavoro. Risultato simpatico alla corte del Re, diviene il garzone del giardiniere. Un giorno la principessa gli dice di salire nella sua stanza e di portarle un mazzo di fiori. Lei, vedendo il suo capo coperto da un fazzoletto, glielo toglie e nota i suoi capelli dorati.

Dopo poco tempo scoppia una guerra, il Re chiama a raccolta tutti gli abitanti e anche il giovane vuole parteciparvi. Si reca nel bosco e chiede aiuto all’uomo selvatico che gli fornisce un forte cavallo e un esercito di uomini dalle armature di ferro. Grazie al suo aiuto il Re vince la guerra. Viene indetta una festa di tre giorni in cui la principessa avrebbe lanciato una mela d’oro, sperando nella presenza del cavaliere di ferro.

Il giovane si reca nuovamente nel bosco per chiedere aiuto all’uomo selvatico. Partecipa così alla festa cambiando aspetto tutti i giorni, come cavaliere rosso, bianco e nero, e riesce a prendere ogni volta la mela d’oro, fuggendo subito dopo.

La terza volta però il giovane viene inseguito dalle guardie del Re, ferito ad una gamba, perde il suo elmo mostrando i suoi capelli dorati. Al loro rientro le guardie riferiscono al Re della capigliatura del cavaliere e la principessa comprende subito di chi si trattava.

Il giovane, considerato un semplice giardiniere, viene convocato a corte e, quando il Re gli chiede chi fosse, egli rende noto che è figlio di Re.

Come ogni storia che si rispetti, il giovane e la principessa si sposano.

Ma che fine ha fatto l’uomo selvatico? Qual è il senso del suo ruolo in questa fiaba?

Egli si presenta al matrimonio nella sua vera forma, quella di Re e dona il suo intero patrimonio al giovane sposo come gesto di gratitudine per averlo liberato da un lungo incantesimo.

“Sono il Rugginoso, mi avevano stregato e trasformato in uomo selvatico, ma tu mi hai liberato. Tutti i tesori che possiedo saranno tuoi.”

Questa fiaba ci racconta quanto sia importante il passaggio al bosco, l’entrare in quel mondo primordiale, nella profonda natura della nostra interiorità. Raggiungere lo stagno dove è nascosto, o abbiamo tenuto nascosto, l’uomo selvatico, quella parte profonda, istintuale e vitale dell’uomo.

Incontrare il selvatico, necessariamente uomo, accoglierlo nella nostra esistenza come atto cosciente può solo che recare preziosi doni. In quella terra, regno del dio Pan, luogo oscuro e ostile per certi versi, è custodito il mistero della morte, della vita e della libertà.

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SUGGERIMENTI BIBLIOGRAFICI:
Jünger E., Il trattato del ribelle, Adelphi Edizioni, Milano, 1990
Risé C., Essere uomini, red edizioni, Novara, 2002

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