Tutti i processi di apprendimento, inteso nel significato più ampio di tutto ciò che riguarda lo sviluppo dell’individuo e delle sue capacità di azione e di trasformazione nei confronti della realtà, avvengono attraverso l’incontro-interazione tra l’individuo e il suo ambiente: gli stimoli ambientali dirigono l’apprendimento agendo sui ricettori sensoriali, vengono rielaborati sulla base dell’esperienza individuale e in-formano i comportamenti, che sono quindi risposte personali agli stimoli ambientali. (…) Si può dire che nella povertà degli stimoli ambientali risiede la causa prima del mancato apprendimento.
Stefania Guerralisi
Gli stimoli ambientali in-formano i comportamenti, ovvero vi danno forma. C’è una connessione intensa e profonda tra lo sviluppo fisico, cognitivo ed emotivo del bambino e l’ambiente che lo circonda.
Parlare di materiali naturali significa innanzitutto parlare di Materia e Natura, antecedenti che racchiudono in sé una cangiante e ricchissima varietà di stimoli.
Il rapporto con la materia naturale è un rapporto sinestetico, ovvero coinvolge spesso più sensi contemporaneamente nel momento della percezione, dando così vita ad esperienze che sono sempre a tutto tondo, dotate quindi di una tridimensionalità e portatrici di un messaggio complessivo e complesso, composto di vari substrati, che non tralasciano uno spazio per l’empatia e l’affettività.
Purtroppo una tale ricchezza non è riproducibile nell’utilizzo della plastica e dei materiali sintetici. Avverrà così che anche se i giochi artificiali potranno variare nella forma e nel colore, difficilmente potranno farlo nell’odore, nel peso specifico, nella consistenza, nella temperatura. Risulteranno così al tocco sempre innaturali, poveri di connotati e di informazioni. Non permetteranno quindi di conoscere un insieme ricco e variegato di quelli che sono gli ingredienti che compongono la realtà, ma veicoleranno soltanto un “finto apprendimento”, in quanto sempre falsato rispetto ad una verità reale e quindi portatore di un effetto necessariamente “alienante”.
Coltivando questa modalità sin dall’infanzia rischiamo di creare enormi lacune proprio nello sviluppo di quello che è il nostro fondamentale strumento nel mondo, ovvero il nostro corpo accompagnato dai nostri sensi, andando ad aumentare sempre più una “dissociazione” che può rendere il Naturale quasi “irriconoscibile” proprio perché mai conosciuto, senza tralasciare i possibili danni motori, cognitivi e di consapevolezza riguardo se stessi e il mondo.
Utilizzo immaginativo
I materiali naturali, soprattutto quelli a cui non è ancora stata data una forma precisa, si prestano maggiormente all’esercizio immaginativo, che ha una funzione portante già nell’infanzia. Questo fa sì che un grosso tronco caduto possa essere sia nave, che macchina, che treno, che drago, che i legnetti possano venir cucinati o usati come materiale da costruzione e si prestino a diventare pesci, archi, canne da pesca, picchetti o strumenti musicali. Molto facilmente il luogo naturale diviene da un ambiente un’atmosfera.
Esplorazione
Stabilito uno stretto contatto fra sviluppo del bambino e imput sensoriali che gli arrivano dall’ambiente esterno, possiamo pensare come meglio strutturare un’offerta che possa coltivare una delle più tipiche attitudini umane, quella ad esplorare.
Il corpo è strumento e territorio d’esplorazione. Informazioni come la tattilità, ma anche il colore, la temperatura, il peso, l’odore e perché no, il gusto e il suono costituiscono per i bimbi in esplorazione strade da percorrere, percorsi da seguire e con cui interagire, su cui fare i propri esperimenti per osservare le reazioni al proprio operato.
La trama di un tessuto, la forma del guscio di una lumaca, la consistenza morbida, viscida e animata di un lombrico, la leggerezza della cenere, le differenti consistenze che possono acquisire le zolle di terra in un campo arato, la differenza tra una canna liscia ed una corteccia rugosa, tra un fiore ed una foglia secca, sono queste tutte storie che vanno a sedimentarsi nella memoria tattile, visiva ed olfattiva.
Nella realtà, il mollusco esce mollemente dal suo guscio. (…) Se tuttavia potessimo restaurare, nella stessa osservazione, una totale ingenuità, vale a dire rivivere veramente l’osservazione originaria, rimetteremmo in azione quel complesso di paura e di curiosità che accompagna ogni prima azione sul mondo. Si vorrebbe vedere e si ha paura di vedere. Si trova qui la soglia sensibile di ogni conoscenza e su di essa l’interesse ondeggia, si smarrisce, ritorna.
Gaston Bachelard
Queste prime esplorazioni che facciamo da bambini si imprimono fortemente anche nella memoria emotiva, andando a costituire uno sfondo che accompagnerà per il resto della vita. Chi ne ha fatto esperienza subito percepirà la forza con cui viene veicolato il ricordo del tepore del fuoco, dell’odore di terra dopo la pioggia o della sensazione sulla pelle del sole in una delle prime giornate primaverili, mentre ronzano intorno le api.
Per non minare questo istinto di esplorazione e crescita è necessario coltivare da parte del mondo una risposta di fiducia, che permetta al bambino di relazionarsi all’ambiente con sicurezza e con la percezione della possibilità di un’abbondanza capace di soddisfare la sua sete e curiosità.
Seguendo il filo di queste storie esplorative il bambino appaga il suo bisogno di conoscenza, bisogno che è sia consapevole che inconscio, corporeo, tacito. Inizialmente il suo interesse è prevalentemente riguardo la materia in sé, egli si cala e si compenetra con gli elementi, arrivando a determinare un proprio criterio di piacevolezza, di gusto e di preferenze. Solo quando avrà soddisfatto questa sete più elementare (degli elementi) potrà sviluppare usi più complessi della materia che lo circonda. Per questo a seconda del bambino il gioco con la terra, con l’acqua e con il fango avrà esiti completamente differenti e ci permetterà di trovare sia bimbi impegnati a saltarci dentro, sporcarsi, immergersi e dall’altra altri già presi da costruzioni di ponti, navi, isole, boschi e storie.
Tra le varie caratteristiche dei materiali c’è anche quella di produrre suoni. Accanto alla diversità dei vari suoni che si possono produrre, nell’ambiente naturale si può sperimentare una qualità diversa del suono stesso, della sonorità. Tipico rispetto all’ambiente chiuso vi è la netta diminuzione del “rumore”, mentre troviamo tra il materiale didattico la possibilità di ascoltare direttamente il suono di uccelli, piccoli animali, ma anche l’effetto degli agenti atmosferici, del vento, della pioggia. Anche il silenzio nell’ambiente naturale ha una qualità propria. L’udito così utilizzato può diventare modalità di conoscere quanto avviene nello spazio circostante, diviene quindi canale d’informazione, rispetto ad ambienti chiusi dove il rumore può raggiungere livelli tali da venir considerato offensivo e quindi diseducativo.
Abitare: il mondo e il proprio corpo
Il percorso di esplorazione e scoperta permette di acquisire sempre più confidenza con il mondo e con il proprio corpo. Via via che ci si appropria del proprio strumento corporeo si arriva ad usarlo in maniera più fine. È attraverso questa strada che leviga e affina le percezioni che un bambino sviluppa una consapevolezza sempre più acuta di se stesso e del mondo che lo circonda.
«La casa è la persona stessa, la sua forma e il suo sforzo più immediato». (…) Michelet ci richiama al modellamento dell’abitazione, al modellamento che, con leggeri tocchi, rende levigata e dolce una superficie primitivamente accidentata e composita.
L’utilizzo di materiali naturali è strettamente conseguente alla convivenza con l’ambiente Natura. Ed è proprio nella natura che si ritrovano tutta una serie di qualità che l’essere umano e il bambino fanno proprie: la leggerezza di una piuma, la flessibilità di un rampicante, la magnificenza solida di una pietra, l’agilità derivante dalla sperimentazione costante del proprio equilibrio.
Un ambiente come un bosco, un giardino, un campo hanno intrinsecamente una quantità di proposte autonome che non è replicabile in una stanza chiusa. D’altra parte l’ambiente interno nasce con funzioni e qualità sue specifiche e sarebbe innaturale che si proponga di replicare ed emulare in toto l’esterno, per quanto un affiatamento ed un andare armonico fra le due dimensioni è sicuramente auspicabile, assieme ad un dialogo costruttivo tra la dimensione del “fuori” e del “dentro”.
Abitare significa anche acquisire una geografia interiore che permetta di collocare i vari contesti, dimensioni e modalità. Ogni luogo allora si distinguerà per quelle funzioni e valori specifici, popolati anche da diversi materiali. Parlare di bosco non significa tanto negare la dimensione della civiltà umana, quanto rendere sempre più comunicanti lo spazio antropizzato e lo spazio naturale e selvatico, affinché dal dialogo di entrambe possa emergerne lo sviluppo più propizio alla vita.
L’ambiente naturale, così i materiali naturali, sono soggetti ad una ciclicità, a cicli in cui tutti gli elementi coinvolti non sono uguali a loro stessi, ma cambiano giorno dopo giorno in relazione alla temperatura, all’umidità e a tutte le variabili ambientali. L’ambiente educa ed essere immersi in un luogo dotato di bellezza permette di sviluppare dentro di sé grandi immagini, senso estetico ed una predisposizione a tutte le interrelazioni tipiche di un ecosistema, nonché una maggiore coesione al contesto. L’andamento delle stagioni permette di capire che esiste una complessità dotata di un proprio ritmo, di cui noi facciamo parte.
Alberi, campi, pigne, frutti selvatici, legni secchi, pietre, ghiande divengono tutti materiali didattici.
Il rapporto col vivente
Tra le caratteristiche insostituibili del mondo naturale e quindi anche del bosco c’è proprio la possibilità di rapportarsi con il Vivente. L’incontro con il vivente, di tante forme e tante misure al di là della forma umana ha un valore pedagogico irripetibile. È di per sé un’educazione alla diversità ed uno stimolo d’osservazione senza fine ed oltre a questo è un’opportunità di Relazione. Ragni, forbici, formiche, coccinelle, lombrichi, lumachine, gatti, uccelli possono coinvolgere l’attenzione dei bambini per giornate intere e sono elementi con cui il bambino si può rapportare in prima persona. Il processo di crescita delle piante, la fioritura, il loro utilizzo in cucina e come piante medicinali è colmo di altrettanti preziosissimi spunti, quale per esempio la percezione di crescita, di nutrimento e di consapevolezza sul processo di origine e provenienza di ciò di cui ci nutriamo.
Altrettanto importante è permettere ai bambini di conoscere verdure, ortaggi, frutta nella loro versione reale. Pelare una carota per poi mangiarla, sbucciare i mandarini, tagliare sedano e prezzemolo, non sono solo attività alla portata dei bambini e appartenenti al loro livello di competenze, ma anche esperienze ricche di soddisfazioni. È ovviamente più appagante su tutti i piani (motricità fine, tattilità, gusto, olfatto, soddisfazione personale) toccare e assaggiare vera frutta e verdura, piuttosto che rapportarsi con l’assai più piatta versione riprodotta in plastica.
Saper fare, saper utilizzare
Ci affacciamo così ad una dimensione in cui accanto al materiale naturale che viene presentato di per sé, si pone l’utensile, materiale simbolo del confine e rapporto tra selvatichezza e spazio artigianale, fra quella dimensione culturale umana dove entra in opera l’ingegno. L’esperienza italiana di Asilo nel Bosco diviene un legittimo crocevia fra quanto è stato sperimentato nelle esperienze nord europee e le matrici nostrane quali il metodo Montessori, si coniugano in un equilibrio dove all’esplorare si aggiunge fortemente una dimensione di saper fare e quindi di saper utilizzare con competenza i materiali nella loro accezione di strumenti. A fianco dell’ambiente si collocano quindi i giusti utensili con cui pian piano si prende confidenza. Divengono quindi ben venuti rastrelli, palette, ma anche forbici, corde, ciotole, cassette, zaini.
Oltre alla conoscenza dei materiali naturali si ricerca un modo per avvicinarsi in maniera più naturale e quindi antica al fare le cose. Il legno è un materiale dalle molteplici sfaccettature, non ultima quella di legna da ardere. La sua strada lo porta quindi a divenire fuoco, fuoco che è una materia con cui scaldarsi, con cui approcciarsi, ma anche con cui accendere il forno a legna, dove cuocere il pane che si è precedentemente impastato. Si scopre così il modo, ma anche il sapore, più naturale per fare il pane.
Sviluppare una conoscenza profonda del bosco e dell’ambiente naturale permette di riappropriarsi di tutte quelle tappe evolutive che portano l’essere umano a divenire oltre che essere di natura essere di cultura. In questo modo l’Asilo nel Bosco così inteso è uno strumento per rispondere alla nostra struttura di esseri sia naturali che culturali. È ben diverso farne esperienza in prima persona invece che viverne solo gli ultimi passaggi e per di più in maniera indiretta! Inoltre crescere in un ambiente naturale permette di allinearsi con quanto di più attuale emerge al giorno d’oggi, ovvero il bisogno di dar vita a forme e modelli di sviluppo che non siano distaccati dagli equilibri del nostro pianeta.
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