PEDAGOGIA DEI TALENTI
Sono molti anni che in pubblico vado sostenendo la necessità di sviluppare e approfondire una pedagogia dei Talenti. Questa idea è nata in me quando ho cominciato a lavorare con gli adolescenti e i giovani adulti con difficoltà. Sono stati gli incontri con loro, l’ascolto delle loro storie che mi hanno portato a capire che molto del loro malessere nasceva da una bassissima autostima e una forte convinzione di essere degli incapaci. Oppure chi aveva scoperto di avere un talento fuori dai canoni accademici era certo che tanto non gli sarebbe servito a nulla.
Prima di procedere con questo discorso però è importante chiarire le differenze tra passione e talento. Questi possono certamente coesistere ed è la situazione migliore ma può anche succedere che si possa essere degli appassionati di musica senza avere il talento per la stessa, oppure non essere appassionati delle proprie capacità innate.
Per passione intendiamo tutto ciò che ci entusiasma, ci piace, ci interessa ma l’etimo racchiude anche l’aspetto “oscuro” della passione ovvero la sofferenza, il patire, il travaglio. A volte le passioni ci fanno soffrire, spesso proprio quando non sono accompagnate dai talenti che sono necessari per rendere le passioni realtà.
L’etimologia di talento invece è legata alla bilancia, al peso e per estensione poi a ciò che viene pesato e quindi alla moneta. La parola talento quindi è più legata alla concretezza, alla capacità di materializzare, di creare. Il talento è ciò in cui riusciamo con naturalezza, ciò per cui non facciamo fatica ad prendere e portare avanti.
Per far fruttare le passioni ci vogliono anche i talenti, per essere felici dei propri talenti c’è bisogno anche di passione.
La scuola è un luogo che troppo spesso non riesce a far scoprire talenti agli alunni, soprattutto quelli che per diverse ragioni non hanno occasioni di fare attività fuori dalle mura scolastiche.
La pedagogia dei talenti quindi mira a far conoscere e a nutrire tutti i talenti dei bambini e ragazzi e volendo riassumere le tappe di questo viaggio potremmo dire che i passi sono tre:
• Scoprire
• Coltivare
• Donare
La prima fase della vita di una persona è profondamente condizionata dagli impulsi ereditari provenienti dalla famiglia e dall’ambiente in cui si cresce. Questi aspetti sono certamente fondamentali ma siamo sicuri che non possano essere anche un pesante fardello per lo sviluppo dell’individualità umana?
L’esempio che possiamo fare è legato al cognome e al nome. Il primo è legato alla tradizione, alla genia mentre il secondo (ormai è sempre più raro che ai figli si mettano i nomi dei nonni o degli antenati in generale) rappresenta l’individuo. Molte persone raccontano di quanto gli abbia pesato il portare un determinato cognome, l’hanno vissuto come se la propria vita fosse stata tracciata da qualcun altro, ci sono molti casi in cui questo peso ha portato all’annientamento della persona e il rifugiarsi in percorsi di ribellione fino ad arrivare al suicidio.
Pensiamo inoltre all’uomo del passato, che nasceva in una determinata casta, il suo destino era segnato e spazio per la sua libertà di scelta era praticamente nullo. Famiglie e scuole che troppo presto impongono la scelta di un talento ad un bambino si comportano in maniera simile alle antiche usanze, con la differenza che nel passato probabilmente le scelte venivano dettate da scopi superiori, cercavano un contatto con l’universo attraverso complicati calcoli astrologici e particolari riti mentre oggi, scomparso quasi del tutto il legame trascendentale, i motivi che spingono ad un indirizzamento del destino “coatto” risalgono più a impulsi egoistici di proiezione di ciò che avrebbero voluto fare i genitori non riuscendoci oppure per meri calcoli economici.
Per questo motivo è molto importante non avere fretta nel riconoscere i talenti di un bambino troppo precocemente. Infatti non è detto che ciò che si manifesti nella prima parte della vita debba necessariamente rimanere anche dopo. La scelta precoce riduce le possibilità di contaminazione con altri talenti e può trasformasi in una gabbia pericolosamente troppo stretta.
Fino all’adolescenza è quindi assolutamente fondamentale dare la possibilità al bambino di sperimentare la maggior varietà di esperienze in tutti i campi della vita umana, quello scientifico, umanistico, artigianale, artistico, accademico e non accademico.
Il mondo è vasto e più luoghi si sono conosciuti più sarà facile riconoscere qual è il posto più adatto per esprimere sé stessi oppure, nel caso in cui gli eventi esteriori fossero così forti da ostacolare il processo di riconoscimento del proprio luogo di espressione individuale, di riuscire a “fecondare” il posto che si è riusciti a trovare, o che la società ha lasciato libero, con i propri talenti e passioni.
La possibilità di entrare in contatto con i talenti e le passioni renderà le persone capaci di infondere sentimenti umani anche in mondi apparentemente aridi e freddi come quelli dell’informatica, del marketing e della produzione in serie, meccanica e ripetitiva.
Quando è stato nutrito l’essere umano nella sua interezza e non solo nelle funzionalità che si aspetta la società produttiva allora è possibile umanizzare ciò che nell’evoluzione ha portato gli uomini a preferire sistemi di produzione in serie, di scala e meccanizzati. L’atmosfera ricca di stimoli e di possibilità di ricerca farà nascere un’orchestra di talenti diversificati che come un’orchestra suoneranno cercando l’armonia.
Questa calda condivisione dei talenti si potrà poi riversare nelle diverse attività professionali che gli adulti del futuro intraprenderanno, unendo le persone in un ideale ancor più alto della professione stessa, l’ideale dell’Umano.
Durante l’adolescenza proprio a partire dal fisico avvengono degli stravolgimenti incredibili. Tutte le proporzioni che intorno ai dodici anni avevano assunto canoni di bellezza e armonia “greci” vengono rivoluzionate. La vita arriva ad un punto dove tutto si trasforma e molto spesso anche le inclinazioni cambiano e ne sopraggiungono di completamente inaspettate. In questo momento così delicato è fondamentale che l’educazione assuma connotazioni ancora più pratiche e inserite nella vita reale.
È importantissimo che ai ragazzi venga data la possibilità di sperimentare la vita nelle aziende, nelle attività economiche e allo stesso tempo li si porti a vivere esperienze nel campo sociale e assistenziale.
Le capacità che emergono in questo periodo della vita sono in genere sostenute da fortissime passioni e poterle vivere intensamente dà la possibilità di poter portare nella vita lavorativa futura semi altamente fertili. Le università dovrebbero essere le palestre dove poter approfondire le proprie inclinazioni per poi presentarsi nelle attività professionali con il massimo slancio.
Il lavoro diventa quindi la possibilità di donare i propri talenti alla comunità in qualunque settore si andrà ad operare.
Bisognerà essere degli artisti nel capire come portare le proprie qualità in un mondo del lavoro che si è fatto precario e altamente instabile. La fiducia degli adulti, la poliedricità delle esperienze fatte e l’atmosfera di condivisione in cui si sarà cresciuti diverrà fondamentale per riuscire a trovare i modi per vivificare i lavori che si andranno ad eseguire.
Danilo Casertano