Ogni giorno ringrazio tutti quei bambini e ragazzi che ho incontrato in questi anni e che mi auguro di incontrare per il resto della mia vita che sono etichettati come problematici, deficitarii, malati, disturbati, emarginati, aggressivi, violenti, chiusi, indaco, cristallo, iperattivi e innumerevoli altri giudizi, mascherati da diagnosi, che pesano nelle vite delle famiglie e dei ragazzi come stigmate virulente.
Li ringrazio perché mi danno quotidianamente la possibilità di ricordarmi che la vita umana è un mistero, è un’incognita, è un universo inesplorato di sfumature e gradazioni senza fine. Queste individualità, che vivono al di fuori delle convenzioni e degli schemi creano scompiglio nelle certezze ammuffite di tutti gli educatori, medici e specialisti così farciti di tabelle standard da aver dimenticato che la differenza tra una persona e un membro della specie consiste proprio nella specificità della sacra individualità. Trovo soffocante l’idea che il genio, l’unicità sia mortificata dalla squallida omologazione, per questo ho fatto una scelta di campo radicale e netta, stare dalla parte dei bambini. Per non lasciare spazio a facili fraintesi, stare dalla loro parte, non significa assecondarli, lasciarli bradi bensì partire con loro in un viaggio che sappia cogliere il più possibile i messaggi che li portino a compiere la “loro” missione in questo mondo. Mi rendo conto che per un adulto disilluso e disincantato queste parole possano sembrare utopiche se non addirittura pericolose, ma dopo questi anni mi sono reso conto che uno dei meravigliosi segnali che questi ragazzi ci indicano è il non voler cedere all’omologazione, a qualunque costo, anche a quello del suicidio sociale. In loro vedo la speranza incarnata di un mondo nuovo, che non si è rassegnato all’esistente ma che sostenuto da chissà quali forze vive, troppo spesso incompreso e abbandonato da tutti, non una vita, ma la propria.
Per un appassionato delle biografie come me, non posso che cogliere nelle vite di questi ragazzi i segni inequivocabili degli eroi. Compito nostro è non farli diventare martiri ma pionieri di un mondo dove ognuno possa mettere a frutto e a servizio della comunità i propri talenti.
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