Lasciatemi fare alcune considerazioni direi difficili per una persona come me, legata per tanti anni ad una militanza politica di sinistra. Ebbene lasciatemi dire che i mali della scuola pubblica italiana non sono ascrivibili tutti alla povera Maria Stella Gelmini anche se è indiscutibile che la ministra c’abbia messo del suo, circondandosi, da perfetta incompetente, di tanti altri incompetenti suoi simili e dando forse la mazzata finale ad un sistema scolastico comunque già obsoleto sia per forma che per sostanza.
Allora dove è possibile rintracciare alcune delle tante falle che da anni minano il sistema scuola in Italia?
Comincerei con ordine occupandomi prioritariamente dell’idea di Pedagogia applicata all’insegnamento e volgerei lo sguardo, come da premessa, immediatamente verso il servizio pubblico (statale e comunale) che comunque ha avuto enormi meriti grazie al lavoro e le competenze che fior di insegnanti hanno messo in campo. Detto questo però non va dimenticato di come una direzione pedagogica sia ormai completamente scomparsa dalle formazioni che lo Stato garantisce a chi decide di intraprendere la professione di insegnante.
Nel migliore dei casi, nelle formazioni a cura dello Stato, una breve sincretica proposta pedagogica viene rapidamente offerta per lasciare il campo quasi subito al voluminoso approccio con la didattica. Ma siamo alle solite … o si privilegia la sostanza didattica dimenticandosi delle forme attraverso la quale deve essere portata, o ci si limita a creare forme nuove magari relative al lavoro artistico, ma vuote perchè completamente scollegate da un processo pedagogico e usate nelle aule come mero intrattenimento magari doposcolastico.
Dunque nelle scuole pubbliche manca ormai un approccio pedagogico e nei rari casi in cui è presente lo si deve esclusivamente alla preparazione dell’insegnante di turno. Non voglio addentrarmi in noiose concioni ma un paio di osservazioni forse vanno fatte. Mi sono a lungo chiesto cosa vuol dire insegnare solo attraverso una divulgazione didattica, in particolare nelle medie e superiori dove questa prassi devestante per gli individui che ne fruiscono è meno visibile e più addebitabile, nei suoi effetti negativi, ai ragazzi e alle famiglie. Me lo sono chiesto anche attraverso un’esperienza che per mia fortuna è andata quasi sempre nella direzione opposta,spesso da allievo e sempre da insegnante.
Dunque presentarsi davanti un gruppo di allievi con una direzione esclusivamente divulgativa, magari anche brillante nell’esposizione, e cancellare completamente “complicazioni” pedagogiche vuol dire minare sin dall’inizio un rapporto individuale tra insegnante e allievo, che poi si farà fatica a ritessere, proprio perchè basato sui risultati più o meno buoni che quest’ultimo otterrà.
L’omologazione iniziale lascerà il posto alle naturali differenze che attraverso l’apprendimento cominceranno a determinarsi ma queste saranno vissute dai bambini non come una ricchezza bensì con spirito competitivo, ed attraverso questo incedere a sua volta si determinerà non solo la vita sociale nella classe ma, come scrivevo, anche la relazione con gli insegnanti e con le materie insegnate.
Dunque in questo processo la Pedagogia è completamente assente come è assente una relazione autenticamente libera tra insegnante ed allievo essendo il primo concentrato ad “inculcare” e non ad agire maieuticamente attraverso un processo autenticamente libero. Ecco, la parola chiave che risveglia il lungo sonno pedagogico è proprio questa :la maieutica. Quello che non funziona più con i ragazzi, in special modo con quelli che abbandonato il ciclo elementare viaggiano spediti verso l’autodeterminazione della propria identità, è esattamente questo:essere considerati delle tabule rase, dove i docenti iscrivono le loro qualità divulgative.
Oggi i giovani allievi chiedono di essere considerati per quello che è il loro naturale portato. Chiedono dunque agli insegnanti un lavoro pedagogico che abbia a che fare con l’arte della maieutica affinchè nei tempi antropologicamente richiesti possano fare finalmente a meno di noi.
Antropologia, ecco un’altra parola chiave di indubitabile importanza nei processi pedagogici … ma questo è un altro argomento.
Alla prossima dunque.