
Appunti di un maestro corsaro/48
16 Luglio 2019
Nei giorni successivi all’incontro con Giona, la mia mente era in continuo fervore immaginativo e volevo sapere sempre più cose sui misteri del mare. Così, in una piovosa mattinata di Luglio, presi la bicicletta e andai in libreria.
Quando varcai la soglia del negozio, l’odore della carta riempì le mie narici. Il libraio mi salutò con la solita gentilezza e con quel sorriso un po’ beffardo di chi la sà lunga. Si chiamava Antonio e fu lui a consigliarmi, qualche anno prima, di leggere Corto Maltese. Ricordo ancora quando entrai per la prima volta nel suo negozio e, dopo ore e ore a girare senza soluzione, mi mise tra la mani “Una ballata del mare salato”[1] dicendomi: “Ti vedo indeciso. Facciamo una cosa, prendi questo fumetto. Se ti piacerà lo potrai tenere, altrimenti lo riporterai”. È così che nacque il mio amore per le storie sui pirati e sulle avventure per mare.
Quella libreria era per me un luogo più che familiare e Antonio era il mio fidato consigliere. Gli raccontai della storia sullo Zaratán e della leggenda di Colapesce e, tanto era il mio entusiasmo nel parlare, che riuscì a capire subito ciò che faceva al caso mio. Non ci pensò due volte e mi diede un libro dal titolo “Atlantide. La leggendaria isola”.
Carico di eccitazione, uscii dalla libreria, mi misi in sella alla bicicletta e, non volendo tornare a casa, decisi di raggiungere una piccola grotta sulla spiaggia, dove spesso andavo con i miei amici. Era il luogo ideale per leggere il nuovo libro, protetto dalla pioggia e con una vista diretta sul mare.
Venni a sapere che il primo uomo a parlare di Atlantide fu un certo Platone[2] e la storia che lessi su questa misteriosa isola mi affascinò così tanto che ora, caro lettore, voglio raccontartela …
Più di 9000 anni fa, oltre le colonne d’Ercole, nell’Oceano Atlantico, esisteva una grande isola chiamata Atlantide. Quando gli dèi decisero di spartirsi il dominio sulla terra, Atlantide venne assegnata al dio dei mari Poseidone e il primo re di questa terra fu suo figlio Atlante.
L’isola era avvolta in un’atmosfera tersa e nebbiosa. Se si alzava lo sguardo al cielo, al posto del sole e della luna si potevano vedere solamente dei cerchi colorati con le sfumature dell’arcobaleno.
Gli abitanti dell’isola erano chiamati atlantidei ed erano ben diversi dall’uomo di oggi. Il loro corpo era così elastico che li rendeva capaci di flettersi, piegarsi ed allungarsi senza mai rompersi. Avevano una consistenza acquosa, quasi come le meduse che vivono nei nostri mari. Non avevano utensili per forgiare la materia, ma riuscivano a trasformarla grazie alla magia e con essa potevano addirittura spostare senza fatica enormi pietre, trasportandole da un luogo ad un altro. Tra gli atlantidei vi erano dei sacerdoti che conoscevano tutti i misteri dell’universo e avevano il compito di condurre gli uomini sulla via del bene.
Con il passare del tempo Atlantide divenne una vera e propria potenza ed espanse il suo dominio su molte altre terre. Purtroppo, la brama di potere corruppe irrimediabilmente l’animo di molti uomini. Ben presto alcuni dei grandi sacerdoti dell’isola iniziarono ad usare la magia per fini egoistici e di dominio sugli uomini e sul mondo intero. Alcuni di essi, forti del loro potere, osarono sfidare gli dèi stessi e i loro cuori, da candidi che erano, si oscurarono.
Non passò molto tempo che gli dèi si infuriarono e decisero di punire gli atlantidei per tale affronto. Su volere di Zeus, in un solo giorno e in una sola notte, un grande terremoto distrusse l’isola e le acque sommersero Atlantide.
Non tutti gli atlantidei vennero però corrotti nell’animo. Alcuni mantennero immacolato il candore del proprio cuore e tra questi vi era un uomo assai saggio di nome Manu, sacerdote dell’Oracolo Solare. Egli raccolse attorno a sé un folto gruppo di uomini che avevano deciso di seguirlo e, quando l’oceano sommerse Atlantide, raggiunsero una nuova terra, l’attuale Asia, dove fondarono una nuova civiltà.
Sette saggi uomini vennero istruiti da Manu alla conoscenza dei misteri dell’universo e dell’uomo. Così, quando egli morì, la grande sapienza di Atlantide venne tramandata e ancora oggi, a distanza di millenni, la sua storia affascina i cuori e nutre l’immaginazione degli uomini.
Passai un’intera mattina in quella grotta, immerso nella lettura del libro. Avevo l’impressione di vedere oltre l’orizzonte il profilo di Atlantide, immaginai di camminare per le sue strade, di incontrare i suoi abitanti e di assistere, ahimè, alla sua ineluttabile disfatta.
Mi domandai che scelta avrei preso fossi stato un atlantideo e, quasi sicuramente, avrei scelto di seguire Manu.
[1] Pratt H., Una ballata del mare salato, Rizzoli Lizard, Milano, 1999.
[2] Platone fa riferimento ad Atlantide nei dialoghi Timeo e Crizia.