Nell’Arte dell’Educazione si parla di quattro temperamenti FLEMMATICO, SANGUINICO, COLLERICO e MALINCONICO che nei bambini (negli adulti in modo diverso) si collegano alle parti costitutive dell’essere umano: corpo FISICO, ETERICO (vitale), ASTRALE (emozionale), IO(Sé). Con i colleghi maestri avevamo notato come le caratterizzazioni di questi temperamenti si stessero estremizzando tanto che sentivamo spesso parlare negli incontri con gli insegnanti della scuola pubblica di bambini obesi, iperattivi, violenti e depressi. Anche noi notavamo come le inclinazioni temperamentali stessero diventando sempre più delle unilateralità tanto da rendere difficile l’approccio e la relazione.
Con le loro parole, gesti, intuizioni, improvvisazioni questi bambini mi spiazzavano continuamente e sarà stata la mia predilezione per gli ultimi e per le sfide che questi bambini e ragazzi sono diventati il centro della mia vita lavorativa. In questi anni ne ho conosciuti parecchi e se è sempre stata un’impresa con un dispendio di energie enorme i risultati non sempre stati all’altezza dell’impegno profuso. Ricordo con dolore i primi anni, dove l’esuberanza giovanile e la presunzione dei novellini avevano plasmato un carattere guerriero e troppo incline al giustizialismo. Per grazia di Dio il senso dell’umorismo mi veniva spesso in soccorso ma quando non riuscivo a risolvere le situazioni complicate con il sorriso o con la dolcezza ecco apparire il ricorso alla forza e agli autoritarismi. Gli errori lavorano dentro di noi, come i fiumi sanno scavare la roccia. Sono state proprio le montagne e le piogge del trentino a modificare il mio carattere, il modo di insegnare e soprattutto a relazionarmi con questo tipo di ragazzi. Lungi da me essere diventato un santo, ho solo intrapreso con vigore quel cammino di trasformazione della rabbia necessario a ogni insegnante.
La parentela tra la rabbia e la collera di divina memoria è nota a tutti, ma qual è lo scopo, la missione della collera? Per un approfondimento rimando il lettore allo straordinario libro di Rudolf Steiner “Metamorfosi della vita dell’anima” di cui qui riprendiamo un’indicazione meravigliosa del Dottore ovvero che la collera è quella forza che sanamente sorge davanti ogni ingiustizia. Ovviamente la trasformazione alchemica che può avvenire nell’uomo guidato dalla propria libertà consiste nel trovare il modo giusto di reagire all’ingiustizia.
I miei personali maestri su cui ho fondato la mia ricerca di trasformazione della collera oltre ovviamente a Rudolf Steiner, sono stati il Mahatma Ghandi con l’ahimsa (non violenza) e la disobbedienza civile e Roberto Benigni con l’improvvisazione comica! Senza questo lavoro interiore non avrei potuto continuare il mio lavoro di insegnante prima e di consulente oggi.
Personalmente non so se l’Aura di questi bambini è indaco, non vedendola potrebbe anche essere melanzana ma ciò che mi basta sapere per occuparmi di loro non è lo splendore o meno dei corpi sottili ma la consapevolezza che loro soffrono e anche tanto. Gli insegnanti pure si disperano ma con loro me la prendo un po’ di più, perché grazie a un coinvolgimento emotivo minore (coinvolgimento che invece nel genitore diventa quasi sempre soffocante) potrebbero trovare quella lucidità che aiuta lo svolgersi della retta azione pedagogica.
Tutti abbiamo bisogno d’amore e la prima forma d’amore è l’interesse. Una lama di una sega circolare taglia indistintamente un tronco d’albero o la mano di un essere umano in quanto la sega agisce seguendo le leggi che sono già stabilite dalla meccanica: ferro dentellato e motrice elettrica che la fanno ruotare su un supporto. L’insegnante, il genitore, l’adulto che si fa guidare dalle sue azioni da rappresentazioni pensate da altri come il legislatore moderno, lo scienziato, il pedagogista, dall’opinione della maggioranza, ecc agisce in maniera meccanica. Tanto è vero che spesso si sente dire anche nella scuola che si deve mettere da parte se stessi per fare quello che si deve fare anche se sbagliato. Quante volte abbiamo sentito espressioni tipo: è la procedura, è il protocollo, è il programma, come se queste norme venissero prima dell’essere umano che ti sta davanti?
I bambini indaco (melanzana? Chi può dirlo ci sveli il mistero) sono bambini che ci dimostrano (per fortuna) che quando manca l’interesse e quindi l’amore manca tutto. Basterebbe infatti il minimo interesse nei loro confronti per capire che ciò che è standardizzato e preconfezionato non funziona e se quindi si vuole intessere una relazione con loro bisogna essere creativi.
Nelle situazioni “comuni” con bambini “normali” i danni dell’insegnamento meccanico sono meno visibili perché sono a lento rilascio e le conseguenze si manifestano con gli anni come nella mancanza d’interesse (studio viene da studium che vuol dire impulso interno, desiderio!), disillusione, rassegnazione, arrivismo, materialismo, ribellione, erotismo, sfiducia che portano un immobilismo sociale che frena ogni tentativo di rinnovamento.
I bambini sono sempre più sensibili e lo smarrimento sociale è in continuo aumento, per questo i casi limite crescono in maniera esponenziale. Gli adulti dovrebbero riconoscere nel proprio Sé dotato della santa libertà la sorgente da cui attingere ispirazione all’azione.
Riflettiamo insieme su una caratteristica comune a tutti i bambini indaco ovvero la tendenza all’anarchia. Essi agiscono sfidando ogni regola comune, ma siamo così certi che la soluzione per educare un anarchico sia uno stato forte, una scuola seria, un sistema solido? Potrebbe essere che dietro l’anarchia ci sia un incontenibile anelito alla libertà? E se così fosse quale maestro migliore per questi bambini se non quello che agisce in libertà? A questo punto dovremmo farci tutti un esamino di coscienza e chiederci quanto siamo liberi e probabilmente se fossimo onesti con noi stessi scopriremmo che la nostro spazio di libertà è minimo e quindi anche la nostra autorevolezza su questi bambini è scarsa. Da adulti la libertà è una scelta invece i bambini, non avendo ancora preso possesso del proprio Io, possono essere aiutati a diventare adulti liberi attraverso l’Arte e l’esempio di un maestro che agisce anche sbagliando attraverso le proprie rappresentazioni.
I bambini indaco sono un dono perché ci costringono a cambiare i nostri soliti pensieri, emozioni e azioni. Ci obbligano a cambiare punto percettivo per non cadere nella trappola del giudizio. Dobbiamo tenerli stretti nel cuore perché sono spesso prima stigmatizzati, poi emarginati, quindi perseguitati e alla bisogna qualora ingestibili “spenti” dalle sostanze a norma di legge.
I bambini indaco, cristallo, melanzana o grigio topo non sono un affare solo della famiglia che l’ha accolto, bensì sono esseri umani venuti anche per destarci dal sonno violento in cui siamo caduti.
È certo che il genitore da solo non ce la fa, che l’insegnante non preparato e senza strumenti conoscitivi ed emozionali non ce la faccia ma che ci voglia un lavoro che metta in sinergia i vari soggetti educativi per il bene comune.
Affrontiamo il dolente punto delle risorse, perché una delle prime risposte che mi vengono date, spesso senza nemmeno aver riflettuto sulla bontà o meno dell’analisi è quella: “ Sì, è vero ma per un lavoro di questo tipo ci vogliono tanti soldi che non ci sono”. Se invece di rivolgere la richiesta fuori di noi, ci domandassimo quante risorse saremmo disposti noi a donare ci sentiremmo forse in imbarazzo per l’esiguità.
Fino a quando ci sentiremo poveri, avremo paura e la paura tenderà a isolarci e a farci diffidare del prossimo. Quando avremo preso coscienza che noi abbiamo un valore per il semplice fatto che esistiamo, allora ci renderemo conto che possiamo agire perché esseri dotati di libertà che aspetta solo di essere scoperta e messa in gioco. Le risorse che un gruppo di persone riunite nello stesso ideale può raccogliere sono inimmaginabili. Ogni essere umano che non si rassegna, che entra nel gioco della vita aiuta un bambino indaco.
Un aspetto che accomuna questi bambini è l’agitazione, la fretta, la smania, l’insofferenza ma quanti di noi non riescono a tollerare la frustrazione? Quanti riescono a portare avanti un ideale, un’idea, un progetto fino in fondo? Quando non ci facciamo sopraffare dalle difficoltà, quando non rinunciamo ad un ideale quando si fa scomodo, allora aiutiamo un bambino indaco.
Ho sentito spesso genitori esasperati dire del proprio figlio che è un egoista, e l’ego è il fratellastro del Sé. Una delle differenze fondamentali tra i due è che il Sé gioisce della presenza degli altri mentre l’ego usa gli altri per fini personali di piacere e di potere. Se si vuole aiutare un bambino indaco, bisogna imparare a collaborare.
Sono convinto che nel futuro avverranno sempre più eventi che cercheranno di dividerci gli uni dagli altri, perché da soli siamo vulnerabili. Il riconoscere che per conoscere se stessi abbiamo bisogno delle relazioni è un grande passo in avanti e comprendere che è proprio attraverso le relazioni difficili che possiamo attivare i nostri talenti è il passo successivo.
La conoscenza è sia del bene che del male, l’albero della vita è ancora lì ad attendere il nostro ritorno.
I bambini delle stelle sono qui a indicarci una via per tornare a casa, una strada fatta di lacrime e sorrisi, di successi e disfatte, di speranze e illusioni, di tanti contrasti perché nella vita bisogna sempre tenere in sé gli opposti alla ricerca dell’equilibrio.
L’Associazione Manes offre sostegno alle famiglie e si augura che nelle scuole sorgano comitati, associazioni di genitori-insegnanti che vogliano portare nuova linfa all’interno delle proprie realtà. Noi siamo itineranti, convinti che ci siano in Italia tantissimi comuni, quartieri dove ci sono già le condizioni per una trasformazione dell’educazione sempre meno statale e sempre più libera, indipendente e pubblica.
Leave a Reply