Uno dei fattori che sento che caratterizza l’esperienza della Scuola del Mare è il clima che si instaura nella classe.
Mi è capitato di sentire molte volte genitori raccontare come in altre esperienze scolastiche la competizione era il pane quotidiano con cui i loro figli venivano abituati. Medaglie, premi, punti di vantaggio o punizione. Questo senza differenza di ordine e grado con l’etichetta del “più bravo (oppure meno bravo)” sin dall’asilo. Con questo non voglio affatto dire che tutta la scuola sia così anzi, ci sono moltissime persone in gamba che si impegnano per portare ogni giorno un raggio di sole dove lavorano.
Allo stesso tempo però, come collettività, non siamo ancora riusciti a liberarci appieno di un modus operandi che vede al centro del suo funzionamento un meccanismo di competizione che rimane pratica diffusa. Il motivo per cui questo accade non è segreto perché in premi, punizioni, e lodi si cerca un alleato e si è trovato un modo per gestire i bambini e questa in molti casi è l’unica modalità che si conosce. Gestire non significa educare e la competizione viene usata come meccanismo di potere. La buona notizia è che questa non è l’unica possibilità per poter vivere e assieme ai bambini, né l’unico modo per guidarli attraverso un percorso di apprendimento.
L’outdoor sicuramente racchiude in sé una grande occasione per rispondere meglio ai bisogni dei bambini come il muoversi e l’imparare da esperienze coinvolgenti, aiutando il clima nel gruppo. Non c’è solo questo; uno dei fattori determinanti sull’atmosfera che si crea in classe è l’insegnante ed è a prescindere da dove si svolge la didattica.
Coltivare una modalità cooperativa è nel cuore del nostro approccio, nelle scelte che conduciamo e in come decidiamo di portarle avanti e questo è valido in ogni luogo. I bambini sono tutti diversi ed una delle sfide con cui un’insegnante si confronta è nei ritmi e nei modi con cui imparano, che possono essere differenti in maniera significativa. Accanto al bimbo che si appassiona a scrivere tre pagine, troviamo chi ancora fatica a scrivere tre righe.
Come maestri è importante essere consapevole che il punto di partenza di ogni fanciullo e diverso e che quindi l’importante non è aspettarsi da tutti lo stesso risultato, ma che ognuno riesca a migliorare a seconda del suo punto di partenza, secondo il massimo delle sue capacità.
Non c’è un giudizio di valore legato alla quantità del “produrre”, ma un guardare alla qualità, all’impegno e al percorso di ogni individualità. Qui già gettiamo i primi semi di un approccio cooperativo. Credo che questo sia un aspetto centrale della Pedagogia dei Talenti, che porta a renderci conto che non ci sono bambini “portati” e bambini che non lo sono, né bambini intelligenti accanto ad altri meno. La consapevolezza meravigliosa è che ogni bambino è unico e speciale in qualcosa ed allo stesso tempo portatore di caratteristiche e di difficoltà che hanno bisogno di essere affrontate, aiutate, sostenute. Ognuno è in un cammino di crescita che è il suo e le sfide che affronta le affronta innanzitutto con se stesso, come ogni altro essere umano. Noi siamo qui per aiutarli proprio in queste sfide.
Queste non sono solo parole, ma fatti, consapevolezze che vanno a impattare l’approccio educativo, il modo di stare con i bambini. L’efficacia del nostro lavoro la troviamo nei feedback, che ci fanno comprendere se ciò che stiamo agendo va nella giusta direzione, perché è importante valutare l’efficacia del nostro lavoro. Mi sono emozionata questa settimana, durante i primi colloqui con le famiglie, sentendo il racconto di genitori su quanto i figli riportano a casa.
“Sai, la maestra mi ha detto che non importa se vado piano, perché il mio quaderno è molto curato, ma che pian piano migliorerò, anche grazie chi ho accanto, nel tenere il ritmo con gli altri e gli altri potranno imparare da me a fare le cose con attenzione”. E da un’altra famiglia: “Sai, la maestra è orgogliosa di quello che riesco a fare e quando finisco prima aiuto gli altri, ma sto anche migliorando il modo in cui scrivo e disegno”.
Già nel primo caso il mio cuore aveva avuto un sussulto di gioia, ma dal secondo ho capito che in qualche modo, anche indirettamente, i bimbi mi stavano dicendo qualcosa. Perché l’importante non è solo fare, ma fare bene, con cura. Altrettanto importante è rispettare chi abbiamo affianco, aiutandolo se ci è possibile o non divenendo ostacolo per le sue difficoltà. Loro sanno, si rendono conto, che non sono qui per giudicarli. Mi dicono che sentono la fiducia che ripongo in loro, nell’affrontare ogni piccola grande sfida. Che riconoscono che non è una gara, che non vorrò bene solo al “più bravo”, perché ognuno è unico e bravo in qualcosa; che il mio affetto non è in ciò che fanno, ma in chi sono.
Coltivare in classe un clima cooperativo piuttosto che competitivo dipende dall’insegnante. Sta a noi creare un ambiente sereno, che trasmetta ai bambini la consapevolezza di essere al sicuro, di poter sbagliare senza timore, perché siamo tutti qui per imparare, nessuno è perfetto. Vedere queste affermazioni messe in pratica fa capire il grande potere che racchiudono. Questa atmosfera si crea piano piano, quotidianamente, aiutando i bimbi a prendere consapevolezza delle loro fragilità, perché è proprio grazie a queste che nessuno può mettersi al di sopra di qualcun altro. Così al bimbo veloce che risponde frequentemente, senza magari aspettare il turno dei compagni potremo dire con dolcezza “ È facile rispondere, ma è difficile aspettare ascoltando gli altri”.
Perché ad ognuno guardiamo nella sua interezza.
Perché qui nessuno è perfetto, ma tutti, proprio tutti, possiamo migliorare!
Gianpsolo says
Far parte di questa(purtroppo)piccola isola felice è il regalo più bello che abbiamo fatto a nostro figlio.
Sabina Bello says
Grazie Gianp, le tue parole mi riempiono il cuore e tuo figlio è un grande arricchimento per questo progetto <3
Emanuela says
Veniamo da una realtà ben diversa, dove il lento era cattivo ed il primo bravo, dove il bambino era un voto ed una lacrima una voce fuori dal coro. Abbiamo trovato voi adesso. Adesso non ce bravo o primo, non ce voto o punizione ma ce chi quella lacrima la fa scorrere senza giudicare, la asciuga e con un abbraccio la fa dimenticare. Siete più che educatrici, siete veri e proprio maestri… e non non vi avremo detto mai troppi grazie.
Sabina Bello says
Grazie a te, la gratitudine ha due direzioni e questa realtà la costruiamo insieme giorno dopo giorno, ognuno mettendoci il proprio impegno e quello che può e, dopo quella dei bambini, la vostra fiducia è il dono più grande.
Quanto a noi, credo che siamo solo persone che cercano di migliorarsi, giorno dopo giorno e siamo in un ottimo posto per farlo 🙂
Daniela says
Maestra Sabina bellissimo articolo! Ho avuto il piacere di lavorare con te e Danilo 5 anni fa alla scuola materna e sono rimasta colpita nel vedere la passione e l’amore che ogni giorno mettevate con i bimbi. Come genitore mi sento veramente fiera di aver scelto questa scuola! Il cambiamento spesso fa paura ma quando si va a stare meglio fa solo bene al cuore e allo spirito. Purtroppo nelle scuole pubbliche le classi sono affollate, anche un buon insegnante non riuscirebbe a gestire da solo la situazione. Guidati da una didattica veloce che non dà più spazio alla socializzazione il bambino è un piccolo uomo pieno di impegni. Spero che tutto ciò possa cambiare e che tutti i bimbi abbiano la fortuna che abbiamo avuto noi conoscendovi. Grazie Maestri per quello che fate!
Sabina Bello says
Daniela mi onori con le tue parole, ma ti assicuro che lavorare in tua compagnia è stato un mio piacere e penso che ci sia tanto da imparare da te, considerando quello che facevi con quella classe numerosa e vivace che avevi, c’è proprio da avere stima!
Che un’educazione più a misura di bambino possa diffondersi è quello che ci auguriamo dal profondo del cuore e per cui lavoriamo ogni giorno. Sono felice di avervi ritrovati a bordo di questa nave, prima o poi riusciremo anche a prenderci un caffè, intanto ti mando un abbraccio! <3
Lucia says
Grazie Sabina, ti leggo con piacere per gli spunti di riflessione che partono dalla tua esperienza quotidiana.
Ogni giorno anch’ io mi porto a casa, con il pensiero, i bimbi della mia classe, penso a loro, a quello che hanno detto e anche non detto, agli sguardi e sono felice anch’ io quando mi accorgo che sentono che io ci sono , sono lì e che , come dici tu, sono lì con fiducia.
Che lavoro meraviglioso facciamo.
Si, possiamo migliorare.
Maestra Lucia
Sabina Bello says
Grazie a te Lucia, siamo tutti all’interno di un percorso, ognuno nel luogo dove si trova ad operare e sì, facciamo un lavoro meraviglioso!
Giuseppina Petrillo says
Maestra Sabina , stamattina prima di andare a lavorare ho letto il tuo articolo, ho sentito sulla pelle e nel cuore il calore umano con cui questi bambini lavorano nella vostra “scuola” Metto fra virgolette questo termine perché purtroppo al solo pronunciarlo associo qualcosa di chiuso, di ostico, di oppresso, di mortificazione e isolamento. Questi sentimenti appartengono al mio vissuto ovviamente, ero una bambina cresciuta nel bosco a pane e amore per la natura ,maestra indiscussa. A 5 anni entusiasta fui introdotta nella scuola , un trauma che ancora adesso a 52 anni ne porto il segno. Le maestre insegnano ..lasciamo il segno ! Poi da grande costituii una coop. Con altre mamme e nacquero tante attività per i bambini dal micronido alla ludoteca al mare alle colonie ecc ecc ma non voglio parlare di quanti sono stata brava ..Tutte le attività portavano l impronta del vivere il gruppo come risorsa in assenza di competizione è giudizio….giochi cooperativi e tanta empatia. Perdonatemi voi che avrete l ardore di leggere il mio racconto ma in fondo a tutto ciò che facemmo noi 20 anni fa e voi ora vi è sempre una domanda..e dopo? Prima o poi i bambini dovranno entrare nella società che abbiamo costruito che non è ne umana e ne amorevole che non premia l impegno che non loda la creatività ..e dopo? Il mio pensiero è al dopo Maestra Sabina .. io ho grande fiducia nel vostro progetto e a breve spero di poter
contribuire allo sviluppo di questo nuovo paradigma educativo . ..che per me non lo è affatto. Occorre lavorare sui numeri per raggiungere la forza critica e invertire la rotta.
Mi scuso ancora per essermi dilungato sulla mia esperienza..ma sono con voi. Grazie ancora
Sabina Bello says
Ciao Giuseppina, grazie per il tuo racconto e le tue parole, le esperienze di vita sono un grande arricchimento ed il tuo lavoro prezioso. Io credo che di generazione in generazione la sensibilità attorno all’educazione stia aumentando e che siano sempre più le maestre e i maestri che vogliono mostrare, più che lasciare il segno, sia nel mondo della scuola che attorno ad esso. Nulla di tutto quanto si sta facendo per aiutare a crescere i bambini in maniera meno competitiva è vano, anzi, sono semi che germoglieranno e li trovo strumenti in più che i bimbi avranno per affrontare il mondo, che rimane pieno di contesti difficili, ma anche di contesti stimolanti e persone interessanti. Credo che sia dargli il parametro che esistono anche altre modalità con cui vivere e relazionarsi, per poter scegliere e discriminare.
Oltre a questo mi sento di dire che uno dei punti chiave della nostra esperienza è quello di volerci mettere in un’ottica integrativa e non alternativa rispetto all’esistente, proprio nell’orizzonte di un cambiamento più vasto e quindi anche in ciò che viviamo con i bimbi, non rifuggiamo la realtà, ma ne parliamo e ci interroghiamo assieme a loro.
Facciamo coraggio ai nostri cuori, che non siamo soli, un abbraccio