L’incontro tra generazioni è un viaggio nel tempo e nei tempi. Lo spazio dell’educazione è uno spazio largamente presente fra le persone d’età differenti. L’educazione non è solo quella che si riceve a scuola, ma quel percorso di crescita che maturiamo in ogni contesto, in ogni relazione da cui impariamo qualcosa. Se pensiamo alla nostra vita potremo facilmente individuare come insegnamenti che per noi sono stati significativi negli anni ci sono giunti spesso da persone disparate, sicuramente d’età differenti, in maniera assolutamente trasversale. L’Asilo nel bosco e la Scuola del Mare prima e oggi le Scuole Naturali non hanno fatto altro che essere una testimonianza viva di questi concetti legati alla Comunità Educante.
Si sa, per scoprire nuovi mondi, l’esplorazione è un elemento indispensabile, legata talvolta a pizzichi di avventura e di fantasia. Anche se spesso l’incontro-scontro fra generazioni cela aspettative non corrisposte, ferite ancora da rimarginarsi, speranze sospese, allo stesso tempo non possiamo evitare di riconoscere che in questo spazio viene celato un grande tesoro, spesso ancora da trovare.
Questo tesoro, situato al di là di tutte le incomprensioni, si svela in un intimo desiderio, quella voglia di giocare ancora insieme che altro non è che un desiderio d’amore.
Il gioco è una necessità desiderabile, in quanto è uno dei più antichi e bei spazi per entrare in relazione con gli altri, ancora di più quando l’altro è di un’età totalmente diversa dalla nostra. Nasce la meraviglia, quando scopri che puoi incontrarti e capirti con qualcuno di così diverso da te.
Le Scuole Naturali, gli Asili nel Bosco trovano uno dei suoi cuori proprio in questo spazio, perché si propongono essi stessi come cuore, come fulcro per questa zona franca d’incontro, di dialogo, di comprensione fra le diversità dei territori e quindi fra anziani, bambini, genitori, giovani, adulti di tutte le età. Non possiamo ignorare uno sguardo sui nostri luoghi e, rispetto ad un tempo, gli spazi di gioco e incontro libero all’interno della città (fosse anche per via dei ritmi più frenetici) oggi sono diminuiti. Da una riflessione sulla città e su come si compone notiamo che le fasce generazionali son prevalentemente separate e suddivise in strutture diverse.
L’Asilo nel Bosco, le scuole Naturali intendono essere dei luoghi adatti a favorire lo scambio intergenerazionale, all’incontro delle necessità e dei saperi. Per questo si profilano come luoghi polifunzionali, pronti per persone di ogni età. Se vogliamo favorire lo scambio, innanzitutto assicuriamoci che questo scambio abbia dei luoghi in cui poter avvenire.
Perché non accogliere il potenziale desiderio di una persona di 50 anni di sperimentarsi nuovamente all’interno della scuola? Una persona simile, che forse verrebbe per imparare, non avrebbe allo stesso modo molto da insegnare?
Alcune delle ferite del nostro mondo oggi dipendono proprio da questa frammentazione e divisione che si è creata tra i diversi individui della società; riavvicinare gli anziani ai bambini significa sicuramente curare parte della loro sofferenza, donando a questi due mondi un’occasione di felicità e affettività, così come inserire i giovani in un contesto che non li separa da adulti e bambini li aiuterà a collocare meglio la loro identità e trovare il loro modo di agire nel mondo.
Riteniamo che il gioco, pianta sempreverde, sia un buon punto da cui cominciare, perché è un modo naturale di apprendere che predispone a tutti gli sviluppi successivi. Se vogliamo avvicinare mondi differenti come le diverse età, meglio pensare che questo germoglio possa crescere a partire dal terreno fertile della giocosità, vissuto come spazio di guarigione fra le generazioni. Questo ce lo insegnano i bambini, che sono persone serie.
È la comunità che educa. Stiamo inventando un’idea antica. Solo che la comunità che educa oggi è abitata da figure con altri nomi, quindi accanto al fornaio troviamo il tecnico di computer, l’impiantista di pannelli solari, l’assistente per anziani. È la familiarità con tutte queste figure che ci insegna a vivere nel mondo di oggi. Proprio per via del grande e veloce mutamento in cui siamo coinvolti, diventa necessità di ognuno riunirsi e confrontarsi, per trovare un orientamento in questa realtà che cambia molto velocemente. Un esempio che oltre a farci sorridere è calzante è una vignetta di Zerocalcare, dove si vede un giovane che si trova a spiegare al telefono innumerevoli volte come si accende un computer a sua mamma, giungendo praticamente all’esasperazione… ma questa situazione si capovolge poco dopo, quando è il giovane stesso che, avvicinandosi ai fornelli, si trova a richiamare la mamma, invocando soccorso.
Abbiamo bisogno di unire i saperi, perché nessuno qui da solo se la cava, è per questo che il progetto delle Scuole Naturali non si rivolge solo ai bambini, ma ad ogni elemento che compone la comunità.
Ogni età porta una sua esperienza specifica, delle ideologie, un differente rapporto con il corpo, con le cose, con la materialità, con i luoghi. Il ruolo di ogni età si caratterizza nella sua relazione con le altre e oggi possiamo ritrovare delle ritualità che aiutino le relazioni tra queste parti.
Ogni generazione ha una sua particolare identità, è però necessario mettere nuovamente in chiaro le caratteristiche che le identificano, ogni età ha un ruolo, ma quali sono questi ruoli nei contesti che viviamo? Cosa significa essere giovane, vecchio, anziano, bambino?
La Conoscenza ha seguito due grosse vie per essere trasmessa: una di queste passa dalla scuola, attraverso forme codificate, in saperi divisi per materie ed aree tematiche, nel suo aspetto più “formale” o formalmente riconosciuto. Affianco a questa strada, in maniera implicitamente più forte, nelle famiglie, nei centri abitati, in tutte le forme di socialità, venivano trasmesse conoscenze più trasversali, modi di vita, atteggiamenti, valori, ideologie, strutture cognitive, in altre parole le varie “Eredità”.
Ci stiamo interrogando sulla struttura paradigmatica dell’educazione, ovvero del modo in cui abbiamo interesse che quest’essenza fondamentale dell’umanità venga coltivata. Questo ci porta non solo ad interrogarci su quali possano essere dei modelli più efficaci di scuola, ma su come possano esser più efficacemente messe a frutto tutte quelle altre zone, a volte lasciate più in ombra, dove l’educazione avviene. L’opera d’educazione finisce per vanificarsi se, oltre che del bambino, non si occupa anche del contesto. C’è invece molta più ricchezza nella realtà intorno a noi, ricchezza che merita di essere accolta. Così come vogliamo migliorare il paradigma di ciò che oggi chiamiamo scuola, allo stesso modo auguriamo che quelle che sono nelle varie comunità le eredità possano essere riguardate, con occhio nuovo, per capire quali atteggiamenti sono oggi ancora utili, utili nel senso di funzionali alla vita, e quali invece non sono ormai che comportamenti arrugginiti, vizi d’altri tempi, in altre parole, modalità che siamo pronti a lasciar andare, a restituire alla Terra, per poter dar spazio ad altri più nuovi germogli.
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