Ogni bambino ha bisogno di una nave per navigare nell’immaginazione, perché anche quando si naufraga non si annega mai, le onde del destino ti faranno approdare in un isola dove imparerai a costruirti una capanna che diventerà un castello, che fatto di sabbia e sogni, non crollerà mai. Abbiamo bisogno di navigare in mari lontani per trascorrere le notti ad ammirare la volta celeste, a far rinascere il desiderio, il de sidus (senza stella), che è la premessa e la promessa della volontà. Ci sono momenti in cui vorrei già che navigassi in solitario per provare il gusto di essere l’unico capitano presente a bordo, ci sarà tempo, ora sei ancora piccolo ma ti lascio volentieri tenere un po’ il timone, non è mai troppo presto per imparare l’autonomia. Io sono il tuo albero maestro e tu quella vela che vedo dispiegarsi e danzare con i venti. Le gocce del mare, salate come lacrime, lucenti come rugiada sprizzano e brillano su di noi che aspettiamo che arrivino i delfini per fare ricreazione con loro. Nei nostri mari incontriamo i cigni selvatici e il loro candore mi ricorda il tuo primo giorno di scuola quando avevi paura di entrare, di varcare quella soglia che pensavi ti dividesse per sempre da mamma e papà. Tu nascesti quando io imparavo a leggere le prime carte nautiche, tu scegliesti me e io avevo paura di non esserne all’altezza. Come potevo raggiungerti? D’altronde tu profumi ancora di Universo, parli ancora la lingua dell’infinito, scrivi le rune degli elfi e le tue linee seguono le spirali delle galassie. I tuoi disegni parlano e io e i ciechi rimaniamo a bocca aperta accecati dalla meraviglia dei colori, barcolliamo io e i ballerini a seguire la coreografia delle tue linee, storditi rimaniamo io e i sordi ascoltando le tue grida di gioia.
Ci siamo presi per mano e il tatto è diventato conTatto, e io che pensavo che un capitano dovesse essere come il ghiaccio imparai la lezione che non è mai troppo tardi per commuoversi, per mettersi in cammino, non da solo ma con te.
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