Alzi la mano chi come genitore o come insegnante abbia detto riferendosi a dei bambini: “Li devo portare un po’ fuori a sfogare”, mi sembra di vedervi quasi tutti con il braccio alzato. Questa espressione però non mi ha mai convinto fino in fondo, ci coglievo un elemento stonato, qualcosa di brutto a livello estetico, non sapevo che dietro c’era molto peggio. Infatti quando c’è qualche parola che non mi suona allora mi rifugio in etimo.it un sito di linguistica che mi dona l’etimologia dei lemmi. Leggendo la biografia delle parole molto spesso riesco a sciogliere quei dubbi che l’intuito mi chiedeva di dover approfondire. L’etimo di sfogare, come spesso accade non è certo, ma la prima accezione è che provenga da FAUCI, e voglia dire uscir dalle fauci, sarebbe quindi legato a soffocare e affogare. Purtroppo il mio modo di pensare è quasi totalmente visivo e quindi la prima cosa che è mi è sorta è quella di un maestro che con in mano la testa di un bimbo la pone delicatamente dentro una vasca piena d’acqua e comincia la sua lezione, quando le bollicine d’aria tendono a sparire dice: “Quasi quasi ti faccio sfogare un pochino” e preso da un momento di infinita magnanimità alza la testa del fanciullo dall’acqua per farlo respirare. Ovviamente la mia è solo una cinica fantasia, nessuno mai farebbe qualcosa del genere al corpo di un bambino, ma se fosse l’anima a soffocare? E se quell’anima non sapesse parlare? Si spiegherebbe perché solo alcuni bambini si ribellano allo stare in classe per ore e ore tutti i giorni accettandolo senza fiatare (parlare mentre si soffoca non è agevole).
Per questo una sana educazione non dovrebbe mai arrivare a avere necessità dello sfogare, c’è un tempo per tutto, c’è bisogno di un equilibrio tra il dentro e il fuori, tra il gioco e lo studio. Come diceva Nanni Moretti: le parole sono importanti, lasciamo lo sfogare e ritorniamo al respirare. I bisogni fisiologici come andare in bagno e vedere la luce del sole non devono essere soggetti ad alcun tipo di ricatto o ritorsione, sono diritti fondamentali. I bimbi ce lo chiedono, noi dobbiamo essere degni della loro fiducia.
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