Qual è l’obiettivo della scuola? Provate a porre questa domanda ad un numero sufficientemente grande di persone e troverete molte risposte diverse, a volte in netto contrasto le une con le altre. Queste risposte riflettono le idee, le aspettative, i bisogni delle persone ma tendenzialmente vedono la scuola in senso utilitaristico, come il luogo dove si diventa lavoratori, consumatori, se va bene dirigenti, nella forma già più filosofica cittadini. Spesso però dietro molte di queste risposte aleggia una domanda latente: come la scuola aiuterà mio figlio a trovare un posto di lavoro che soddisferà i suoi bisogni?
Aver trasformato il lavoro dell’uomo in uno stipendio in maniera tale che a quasi più nessuno sorga il dubbio della sua veridicità è una delle peggiori sventure dell’umanità.
È convinzione diffusa che conoscenza è potere ma quasi sconosciuta è l’ultima parte del detto, ovvero che potere è responsabilità. Chi arriva al potere ignorando la vera sua missione che è quella del servizio rimane impigliato inesorabilmente nelle maglie dell’egoismo e gli effetti di questo tipo di educazione sono sotto gli occhi di tutti.
La scuola di massa è un’esperienza relativamente nuova per l’umanità e dobbiamo tenere a mente che ancora oggi ci sono milioni di bambini a cui quest’esperienza è negata, per non parlare di quelli che pur andando a scuola desidererebbero tanto non farlo!
Considerando quindi la scuola, un’istituzione ancora giovane possiamo allora non meravigliarci del suo costante bisogno di crescere, di mutare, in altre parole di evolvere. Senza voler approfondire in quest’articolo la storia delle istituzioni educative avremmo però tutti notato come l’educazione sia passata nel corso della storia dall’autorità religiosa a quella statale. Colui che scrive considera questo passaggio molto importante e non lo ritiene affatto un errore.
Quello che però oggi ci domandiamo è se non sia venuto il tempo di un ulteriore passaggio, di un altro cambiamento strutturale. Che la coscienza individuale sia oggi più sviluppata che nel passato credo sia opinione condivisa, come per altro considerare l’IO come una spada a due tagli dove siano presenti sia il sé che l’ego.
Partendo da queste basi cominciamo a riconsiderare la nostra costituzione dove viene sancito il diritto-dovere dei genitori a mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio e nei casi d’incapacità dei genitori, la legge provveda a che siano assolti i loro compiti (art.30).
I genitori sono quindi al centro dell’attività educativa, tuttavia la quasi totalità della gioventù è educata dalla scuola di Stato, dalle comunità religiose o da privati come se fossero gli unici detentori della possibilità di insegnare.
Oggi, come figli di una società dei diritti, noi deleghiamo questo importantissimo compito quasi mai considerando la possibilità che possa esistere qualcosa di diverso. D’altronde esempi non ne esistono molti e quasi mai nessuno nella vita ci ha insegnato a cercare quello che ancora non c’è e a creare il futuro invece che adattarsi al presente.
Al posto del meccanismo della delega noi proponiamo l’attività del riconoscimento, tanto cara al Rosmini, il quale sosteneva che la libertà nell’educazione passa dalla libertà di insegnamento, perché se proibisco a qualcuno di insegnare sto di fatto negando a qualcuno la possibilità di imparare. Per quanto riguarda i pericoli che il riconoscimento potrebbe portare facciamo notare che la realtà storica e l’esperienza ci dovrebbero aver insegnato che non esiste concorso pubblico o titolo di studio che riesca ad impedire a qualche “malintenzionato” di mettere piede in una classe e far danni e che nei casi gravi di indottrinamento organizzato dovrebbe intervenire la magistratura!
Ho costatato in questi anni che a sentir parlare di libertà di educazione alcune persone si spaventano e credo che alla base di questa paura ci sia una sfiducia nei confronti dell’essere umano. Se, ripartendo dalla costituzione, rimettessimo al centro la figura del genitore e riconoscessimo che, escluse le situazioni patologiche sia psichiche che sociali su cui dovrà vegliare il diritto, egli è attivamente coinvolto nella scelta di coloro che continueranno e possibilmente miglioreranno la sua opera educativa allora potremmo parlare di un reale cambiamento nel mondo della scuola.
L’opinione comune è che la scuola di oggi prepari peggio che nel passato e che le scuole non siano dei luoghi sicuri a causa della presenza degli stranieri. Tutto questo è aggravato dalla continua e pare inesorabile diminuzione dei fondi pubblici. Continuare a richiamare il passato come soluzione ci pare un grave errore, visto che proprio quel modo di insegnare ha formato coloro che poi ci hanno portato a questa situazione! Anche le varie “lotte di classe” tra professori VS governo, studenti VS insegnanti, genitori VS politici, tutti contro tutti, non hanno portato alcun beneficio; proprio perché è il paradigma della guerra ad essere sbagliato ed è quello della non violenza e della disobbedienza civile inaugurato da Ghandi ad essere quello da prendere ad esempio.
Noi proponiamo un’ARTE DELL’EDUCAZIONE per tirar-fuori i talenti degli studenti. Una conoscenza che metta al centro l’Uomo e il motto delfico: conosci te stesso.
Un’AUTOEDUCAZIONE dell’insegnante affinché sappia essere veramente umano e che viva il sapere come un lievito e non come acido. Che possa essere un esempio da voler imitare prima e superare poi. Un essere umano onesto che viva il proprio lavoro come un servizio per il futuro della comunità.
Richiamiamo le attività produttive e quelle politiche a far si che arrivino direttamente alle nuove realtà educative, sorte dal nuovo principio del riconoscimento, i mezzi sufficienti al loro mantenimento senza voler porre limiti alla loro autonomia se non quelli dettati dal buon senso e dal diritto.
Oggi ci sono imprenditori che si trovano davanti al bivio di dover scegliere tra l’avere manodopera a basso costo (schiavi) in Italia o delocalizzare quest’inumana attività all’estero dove il diritto fa un po’ più fatica ad affermarsi.
Il mondo così decade ad un livello di mera lotta per la sopravvivenza dove violenza e distruzione sono legittimate.
Noi vogliamo stringere un’alleanza con chi produce, per poter mettere a disposizione del futuro, uomini creativi, liberi, speranzosi e volenterosi che metteranno i propri Talenti al servizio del prossimo.
Chiediamo al mondo politico di aiutare questo processo che riporti la scuola ad una dimensione umana di procedere ad una detassazione a tutti quei soggetti di imposta che vorranno contribuire direttamente ad una libera educazione e che in un futuro prossimo la vita culturale – educativa possa essere gestita direttamente dalle persone coinvolte nella stessa.
Solo rischiando di credere nella libertà dell’uomo rischieremo di avere un futuro diverso dall’attuale schiavitù economica, culturale e politica.
Attraverso il riconoscimento di un senso di appartenenza comune ci risveglieremo come degli esseri alla scoperta del proprio Io in viaggio verso un Noi.
Danilo Casertano